Libri- Bilancio annuale, stagione per stagione, la lettura come dizionario delle emozioni

di Martina Salvatore

Per l’ultimo consiglio di lettura di quest’anno non vogliamo proporvi un solo libro, ma abbiamo scelto per voi alcuni brevi brani, una carrellata di emozioni per concludere il 2017 con una scarica emotiva declinata nelle diverse tonalità del cuore.

Primavera.

La primavera esplode in tutta la sua bellezza, la stessa bellezza luminosa dei ciliegi protagonisti silenziosi dell’ultima pièce teatrale di Anton Čechov, andata in scena per la prima volta sotto la direzione di Konstantin Sergeevič Stanislavskij creatore del celebre metodo di recitazione, al Teatro dell’Arte di Mosca sei mesi prima della morte del suo autore. Gli imponenti ciliegi vengono abbattuti in chiusura dell’opera, i colpi della risuonano pesanti ed echeggiano alla decadenza di una nobiltà russa ormai morente ma ancora apparentemente bella e splendente come i ciliegi del giardino di Čechov.

“[…]Si sentono in lontananza i colpi di scure sugli alberi. LOPACHIN Addio, caro. È ora di andare. Noi facciamo tanto i presuntuosi l’uno con l’altro e la vita intanto passa. Quando lavoro per tanto tempo, senza fermarmi, allora pensare è più facile, e mi sembra di sapere perché esisto. Ma quanta gente c’è in Russia, fratello, che esiste senza sapere il perché. Ma intanto, non sono loro a muovere il mondo. Leonid Andreiè, dicono, ha trovato un posto, lavorerà in banca, seimila rubli l’anno… Ma non ci resisterà, è così pigro…”.

La natura si risveglia, il verde dei prati diventa luminoso e screziato di fiori ed è proprio con dei fiori che si apre un celebre romanzo di Virginia Wolf: Mrs Dalloway. Il romanzo copre l’intero arco di un mercoledì di giugno del 1923, quando alle 10 del mattino Mrs Dalloway si appresta ad uscire per comprare dei fiori. Durante la giornata anche il più piccolo dettaglio come il semplice ondeggiare di una foglia al vento causa nella protagonista un moment of beeing, cioè una rappresentazione dell’interiorità emotiva del soggetto attraverso un dettaglio comune della quotidianità.

Comincia così:  “La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comperati lei.
Lucy ne aveva fin che ne voleva, di lavoro. C’era da levare le porte dai cardini; e per questo dovevano venire gli uomini di Rumpelmayer. “E che mattinata!” pensava Clarissa Dalloway “fresca, pare fatta apposta per dei bimbi su una spiaggia”.

Che voglia matta di saltare! Così si era sentita a Bourton: quando, col lieve cigolar di cardini che ancora le pareva di udire, aveva spalancato le porte-finestre e s’era tuffata nell’aria aperta. Ma quanto più fresca e cal¬ma, e anche più silenziosa di questa era quell’altra aria, di buon mattino; come il palpito di un’onda; il bacio di un’onda; gelida e pungente eppure (per la fanciulla di diciott’anni ch’ella era allora) solenne: là alla finestra aperta, ella provava infatti un presagio di qualcosa di terribile ch’era lì lì per accadere; e guardava ai fiori, agli alberi ove s’annidavano spire di fumo, alle cornacchie che si libravano alte, e ricadevano; e rimaneva trasogna¬ta, fino a che udiva la voce di Peter Walsh: “Fate la poetica in mezzo ai cavoli?” – così aveva detto? – oppure: “Preferisco gli uomini ai cavolfiori” – aveva detto così? Doveva averlo detto una certa mattina a colazione, quando lei era uscita sul terrazzo… Peter Walsh! Sarebbe tornato dall’India quanto prima, a giugno o a luglio, ella non rammentava più, che le sue lettere erano disastro-samente monotone. Erano i suoi motti che vi si impri¬mevano in mente; i suoi occhi, il suo temperino, il suo sorriso, la sua orsaggine e, quando milioni d’altre cose erano interamente svanite – strano davvero! – poche parole, come quelle a proposito dei cavolfiori. In attesa che passasse il furgone di Durtnall, ella s’irrigidì un poco, sull’orlo del marciapiede. Una donna graziosa, la giudicò Scrope Purvis (egli la conosceva come ci si conosce tra vicini di casa a Westminster); aveva in sé qualcosa di un uccellino, della gazza, un che di verdazzurro, lieve, vivace, quantunque avesse varcato la cinquantina e fatto molti capelli bianchi dopo la sua malattia. In attesa di attraversare ella se ne stava là, dritta sulla vita, come appollaiata su di un ramo; e non lo vide neppure”.

Estate.

Feste e divertimento sono da sempre l’obiettivo principe della bella stagione ed è proprio nell’estate del 1922 che èArtattoo ambientato il Grande Gatsby, l’opera di Francis Scott Fitzgerald costituisce un vero e proprio dipinto dell’anima jazz americana degli anni Venti. Il romanzo ruota attorno alla figura ambigua e misteriosa di Jay Gatsby: self made man, di umili origini arricchitosi in circostanze sospette ed ossessionato dall’amata Daisy. Gatsby tiene feste sfrenate nella sua sfarzosa villa, il suo unico obiettivo è quello di riconquistare l’amata ormai sposata con un giocatore di polo. Egli incarna a pieno i miti e le contraddizioni di quella vita alto-borghese protagonista del sogno americano.

Comincia così: “Nella mia prima giovinezza, quella più vulnerabile, mio padre mi diede un consiglio su cui, da allora, non ho mai smesso di riflettere.“Ogni volta che ti viene voglia di criticare qualcuno” mi disse “ricorda che non tutti al mondo hanno goduto dei tuoi privilegi”.Non aggiunse altro, ma capii che intendeva dire molto di più: siamo sempre stati insolitamente comunicativi, nonostante la nostra riservatezza. Da quel consiglio deriva la mia tendenza ad evi-tare ogni tipo di giudizio, un’abitudine che mi ha avvicinato molti personaggi strani, ma che al contempo mi ha reso vittima di non pochi seccatori seriali.La mente anormale è molto sensibile verso questa peculiarità e vi si aggrappa non appena la scorge in una persona ordinaria cosicché all’università fui ingiustamente accusato di essere un politicante poiché conoscevo i segreti disperati di uomini pazzi e sconosciuti. Le confidenze, nella maggior parte dei casi, non erano da me stimolate – spesso ho finto di aver sonno, di essere preoccupato per qualcosa, sono arrivato ad ostentare un’indifferenza ostile non appena intuivo, da qualche segno inconfondibile, che all’orizzonte si profilava la confessione di qualche segreto intimo – perché le rivelazioni intime dei giovani, o perlomeno le parole che usano per esprimerle, difficilmente sono originali e spesso suonano implausibili per via di evidenti omissioni”.

Autunno.

Ma l’amore spesso sa essere crudele e spietato, quella che vogliamo presentarvi attraverso le sue stesse parole è Catherine Earnshaw di Emily Brontë, protagonista del celeberrimo Cime tempestose. La bella, orgogliosa e determinata Catherine, si innamorerà del fratello adottivo Heathcliff e quest’amore porterà entrambi alla rovina. Ma conosciamola meglio attraverso le sue parole in una conversazione con la bambinaia Nelly: “[…] Se fossi in paradiso, Nelly, sarei infinitamente infelice”. “Perché non sei degna di andarvi”- le risposi. «Tutti i peccatori sarebbero infelici in cielo”. “Ma non è per questo. Una volta ho sognato d’esser già lassù”, “Ti ho già detto che non voglio sentire i tuoi sogni, Caterina! Me ne andrò a letto” la interruppi di nuovo. Ella rise e mi costrinse a star seduta poiché avevo fatto l’atto di alzarmi. “Questo è nulla” gridò. “Stavo solo per dirti che il paradiso non mi sembrava fatto per me; ed io piangevo fino a farmi spezzare il cuore, perché volevo ritornare sulla terra e gli angeli erano tanto adirati che mi hanno buttato fuori, giù, in mezzo all’erica, sullacima di Wuthering Heights, dove mi sono svegliata singhiozzando di gioia. Questo basterà a spiegarti il mio segreto. Non è cosa per me sposare Edgard Linton, come non lo sarebbe il paradiso: e, se quell’infame, che ora è rinchiuso là dentro, non avesse ridotto Heathcliff tanto in basso, non avrei mai pensato di farlo. Ora, se sposassi Heathcliff, ne sarei degradata; così lui non saprà mai quanto io lo ami: e questo non perché è bello Nelly, ma perché lui è più me di me stessa. Di qualsiasi cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono simili; e l’anima di Linton è differente come un raggio di luna dal lampo, o il gelo dal fuoco”.

Inverno.

Nel mese di gennaio si celebra la giornata della memoria e come non citare uno dei più famosi diari della storia moderna:

[…]”Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà ristoro-enogastronomico-rurale-300anche noi, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità”.

La giovanissima Anne Frank scriveva di speranza e libertà dal piccolo bugigattolo in cui trascorse la sua infanzia. Il suo temperamento estroverso, vivace e sensibile è il più grande protagonista delle sue pagine, crediamo che più delle barbarie tristemente note a tutti vada ricordata la speranza che colmava gli occhi di una piccola ebrea capace ancora di provare fiducia nell’umanità in un periodo di grande grigiore emozionale. E’ la sua gioia di vivere la più potente arma contro l’odio che ancora oggi, ad oltre 70anni di distanza dalla Shoah, ancora infiamma giovani tifoni.
Per concludere questo primo passaggio citiamo Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo”. E se a dirlo era un giudeofobo…

A scaldarci dalle rigide temperature invernali ci pensa l’amore, vi proponiamo un estratto da una lettera di Italo Calvino ad Elsa De Giorgi, l’attrice con la quale ebbe una relazione clandestina tra il 1955 ed il 1958. Tale relazione incise fortemente sulla produzione artistica dello scrittore.
L’epistolario tra i due fu tenuto segreto a lungo e dopo la sua pubblicazione la studiosa Maria Corti lo definì il più bello del Novecento italiano.

“Cara, amore ho sempre un’apprensione quando apro una tua lettera e uno slancio enorme di gratitudine e amore leggendo le tue parole d’amore. Il ritratto del giovane P.P. [Pier Paolo Pasolini] è molto bello, uno dei migliori della tua vena ritrattistica, di questa tua intelligenza delle personalità umane fatta di discrezione e capacità di intendere i tipi più diversi, questa tua gran dote largamente provata nei coetanei. È la stessa dote che portata all’estremo accanimento dell’amore ti fa dire delle cose così acute e sorprendenti quando parli con me di me che ti sto a sentire a bocca aperta, abbacinato un insieme d’ammirazione per l’intelligenza, o incontenibile narcisismo, e di gratitudine amorosa. Ho più che mai bisogno di stare fra le tue braccia. E questo tuo ghiribizzo di civettare che ora ti ripiglia non mi piace niente, lo giudico un’intrusione di un moti psicologico completamente estraneo all’atmosfera che deve reagire tra noi. Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una stagione e non la vita? Ora basta, perché ho cominciato così questa lettera, io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro. È forse anche qui la paura di soffrire che prende il sopravvento? Cara, cara, mi conosci troppo, ma no, troppo poco, devo ancora farmi conoscere da te, devo ancora scoprirmi a te, stupirti, ho bisogno di farmi ammirare da te come io continuamente ti ammiro”.

Il nostro viaggio per quest’anno si conclude qui, vi auguriamo che il 2018 sia ricco di tutte quelle belle emozioni che sottolineiamo sui libri.

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